Meglio una lattina che un uomo di latta.
Considerato che il fulminante Hayday sarebbe dovuto essere il primo e ultimo tassello discografico dei feeble little horse, con il concreto rischio di farci inciampare di nuovo in quel maledetto circolo vizioso di ascolto > innamoramento indisciplinato > pianto rabbioso per l’ennesimo ensemble indie scioltosi prima del tempo, l’uscita di un nuovo singolo non può che rincuorarci e farci tirare un bel sospirone di sollievo, poiché sì, questa volta l’abbiamo scampata.
La band di Pittsburgh decide di perseverare in musica, annaffiando le radici di un’alchimia vivida e fertile, spuntata energicamente in superficie con l’interessante debut e riconfermata una volta aperti i portelloni a tenuta stagna del distorto groviglio della nuova Tin Man, due minuti e poco più di vagabondaggio lo-fi nella mente pensierosa di teenager alle prese con relazioni non esattamente entusiasmanti.
Lydia Slocum, fulcro dei giovani americani, ci rientra in cuffia con quella timbrica dolce, resa astutamente distaccata, felina – o squisitamente indie, oseremmo dire – che tanto bene lega con l’arpeggio dondolante in avvio, ipnotico zuccherino prima del naufragio/refrain sotto lampi di distorsione che bucano gli amplificatori e scorticano i timpani, a richiamare i “fischi” chitarristici di Spiderland e a rivolgere ammiccanti occhiatine a contemporanee escursioni noise (Dry Cleaning, Horsegirl) e ronzii shoegaze (Nothing).
Insomma, succedono tante cose in poco tempo in Tin Man – benediciamo il sacrosanto dono della sintesi – e questo ci va benissimo, soprattutto perché il succo della traccia è ben concentrato, lavorato ad hoc: un amalgama deciso che serra insieme dissonante e appetibile. Girl with Fish – in uscita il 9 giugno – si affaccia al mondo della musica nel migliore dei modi, senza ombra di dubbio.