La vita è una routine di legnate e sonni inquieti.
Allora, qui siamo tra le poppe grinze e sudate di Mamma America, con i Chelsea Grin di Salt Lake City, che – ad appena un anno di distanza – escono con un nuovo album senza speranza e paradisi decenti in cui evacuar l’anima. Il nuovo cantante è molto rispettato nel giro metalcore USA, si chiama Tom Barber e mostra varie sfaccettature canore: può creare una parete di rantoli, soffici materassi gutturali e ha persino una discreta voce pulita per iniettare un po’ di veleno espressivo in un sermone brutale come Fathomless Maw.
Il brano si fa notare per una sezione ritmica che sembra l’equivalente sonoro di un attacco epilettico finito malissimo. Non c’è speranza neanche in cielo. Si starà male ovunque. L’uomo è l’artefice del proprio schiavismo. Incredibile come la rete mediatica finisca per creare un concertato grido che va da Marco Guzzi ai Chelsea Grin appunto, in cui subiamo l’avvertita accusa di essere prossimi a divenire pupazzi nelle mani di altri pupazzi. La differenza è che le marionette che ci guidano – ispirate da impulsi neocapitalistici distruttivi e famelicamente accecati – sono pazze e stronze come quelle dei vecchi horror. Ecco allora che questo pezzo ruggisce sul nostro “cotozzo” la risata folle e inarrestabile di quei grandi occhi impazziti e ipnotici che ci sospingono verso il burrone.
I Chelsea Grin non sono mai stati degli allegroni, ma all’urgenza creativa – incentivata da una line-up rinata – aggiungono un’altra urgenza, che è quella del messaggio. La vera differenza con i predicatori della rinascita spirituale è che loro non ci stanno suggerendo una via di fuga. Non c’è alcuna speranza di cavarsela. Ma c’è una buona notizia: la fine è tutt’altro che vicina.