Speranza è l’ultimo a morire.
Speranza è tornato, lo fa con Don Joe alle spalle. Chi temeva che il contratto con Sugar potesse limarne gli spigoli può tranquillamente rimettersi in prima fila: Ugo rimane uguale a se stesso, brano dopo brano, capace di dare sfumature nuove a ogni giro, all’interno della sua aggressività disperata. Clan, zingaro, famiglia, «Welcome to Favelas, buonasé», Speranza urla la rabbia degli ultimi, così come Massimo Pericolo (senza dimenticare Barracano) e la masnada di rapper che, partendo da una posizione tosta hanno avuto la possibilità di far sentire la loro voce.
La differenza – fra Speranza, gli appena citati e tutti gli altri – è che le loro storie sembrano credibili, ti trascinano dentro i gorghi che loro stesse generano. In questo caso, in poco meno di tre minuti, il Nostro segna un’altra tacca sulla propria cintura, mentre, accanto a lui, Don Joe fa capire di essere ancora uno dei migliori nel riuscire a connettersi a mondi differenti.
L’unico rammarico, per quanto riguarda Speranza, è che sia arrivato a noi già completamente maturo: ne abbiamo visto la capacità di sfornare bangers incredibili senza vederne la crescita. Ma se maturità significa brani come questi non credo ci sia troppo di cui rammaricarsi. In tre ascolti la cantiamo anche noi, raddoppiando il suo flow manco fossimo un coro greco, così la sostanza si fa più spessa. Buonasera a lei, Speranza: mo’ i dadi stanno a me, vediamo che succede.
Don Joe Speranza Speranza & Don Joe
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