Tornare dal Piave, con la chitarra e i fantasmi, dopo aver scavato un solco.
Tornare ben sette anni dopo aver imposto uno standard, riprendere a cantare e suonare come se nulla fosse (e infatti fra le poche parole intelligibili di see si staglia un «…no te importa»). Chitarra, voce veneta dal Piave, country apertissimo e singalong ”lalala”.
Qualcuno potrebbe dire che è facile mantenersi i migliori in un campionato in cui giochi da solo… ma va’ in móna! Non ve lo meritate il Krano, ce lo terremo stretto noi!
Spiga di grano in bocca, grappa di quella buona e balli di gruppo di quelli tristi, che quando crolla la testa c’è la spalla di quello a fianco. Uno dei rarissimi casi in Italia dove la lingua regionale diventa parte brillante di un discorso artistico (l’altro caso che mi viene in mente è Toni Bruna e ho detto tutto). Poi ci mette i suoni da giostra psichedelica nel finale che colorano il tutto, giro stretto di chitarra ed è finita: tre minuti di magia che se la ascolti tredici volte di fila è già un album della madonna. Chissà quando arriveranno le altre canzoni di Lentius Profundius Suavius! Produce Maple Death, etichetta che se ha sbagliato un disco in carriera è successo che ero un bòcia e non me ne sono accorto.