Per non dimenticare quanto è bello diventare grandi.
A un certo punto della vita ci si stupisce del fatto di non essere più (così) giovani. Lo scoglio più arduo da affrontare in questo processo è la distanza tra la percezione di sé, che spesso coincide proprio con il sentirsi ancora pienamente nel fiore degli anni e la considerazione che invece proviene dagli altri.
Il passo successivo è prenderne coscienza e accettare questa nuova condizione di persona adulta: è grazie alle esperienze accumulate e al tempo trascorso che si è diventati grandi e la forza di questa trasformazione sta proprio nell’essere passati per tutte le tappe intermedie.
Con oltre trent’anni di brillante carriera alle spalle, i dEUS sono probabilmente nella invidiabile condizione di non dover più dimostrare nulla. Ma se l’assenza prolungata dalle scene (undici anni dall’ultimo Following Sea sono un intervallo considerevole) può alimentare qualche perplessità, con 1989 la band belga ci ricorda appunto quanto sia (anche) bello crescere una volta per tutte. Avere cioè la capacità di prendere una strada diversa mantenendo la consapevolezza del proprio percorso, sapendo che ogni nuova fase non sarebbe stata possibile senza tutti i passi precedenti.
Il pop rock elegante e misurato di 1989 e la tonalità della voce bassissima di Tom Barman sono variazioni sorprendenti, eppure gli artefici di questa evoluzione sono gli stessi dEUS, di cui continuiamo a percepire le inconfondibili chitarre e le atmosfere dilatate.
La loro forza è tutta qui e sta a noi cercare di coglierne i frutti.