Saper bilanciare l’amore.
È nello scomodo che troviamo la reale bellezza, l’essenza pura dell’amore. Il dover divaricarsi tra le esigenze personali e le volontà dell’altro, riuscire a scovare un punto d’incontro: anche se per un attimo, spremersi, lottare per far funzionare il tutto.
Billie Marten ce lo comunica, come suo solito, con un’essenzialità sopraffina e toccante, catapultandoci nel giardino di casa, dove, sotto una luna insolitamente luminosa, stringiamo la nostra tazza di tè caldo e guardiamo negli occhi l’altra metà, tentando di far andare avanti le cose.
This Is How We Move sfonda con una carezza morbida la nostra porta interiore: pochi accordi e parole per descrivere l’enorme, silenzioso conflitto che muove i fili di una relazione. L’ugola britannica torna a narrare con la sua soave timbrica la magnificenza dell’imprevedibilità e il fascino pungente del contrasto – e del conseguente avvicinarsi – attraverso i tenui rivoli sonori di un folk all’apparenza disadorno, ma ricolmo di un’emotività che si scioglie al dolce sospiro della sei corde, venendo sempre più in rilievo con un timido intercalare di archi.
Nessuna sorpresa dalla Marten, che assieme a pochi altri – Keaton Henson è il primo che ci viene in mente – riesce (in maniera convincente) nel complesso compito di continuare a nutrire di prezioso nettare un cantautorato primordiale, incorrotto da superflue contaminazioni: un concetto di far musica di cui, soprattutto di questi tempi, fatichiamo a fare a meno.
Quindi preparate i kleenex, cari burberi dal cuore di burro, che qui ci si commuove, e anche molto facilmente.