Poi non dite che a Trani non nasce mai nulla di interessante.
Purtroppo da qualche anno parlare di “indie italiano” è diventato pericoloso: il termine infatti è stato completamente snaturato e viene utilizzato per lo più per descrivere robetta pop da classifica tardo adolescenziale, creando una grande confusione. Un po’ come se più di due decenni fa 50 Special e Ape Regina fossero state messe nella stessa categoria.
Diciamo allora che l’indie qui descritto è ricollegabile a quello anni ‘90, ok? Rubino ci presenta un EP di 4 pezzi davvero convincente, fatto di un folk elettrico in bilico tra la primissima Carmen Consoli, PJ Harvey e la Cristina Donà più intimistica. La capacità di catturare l’attenzione dell’ascoltatore con musiche e testi solo all’apparenza semplici rende il lavoro di Federica una delle cose più interessanti che si stanno muovendo nel sotto-sottobosco musicale italiano in questo momento, grazie anche alla rilettura parziale di quel modo tutto “Italia ‘90” sia di arrangiare i brani sia di interpretarli, qui svecchiata da un’abitudine moderna e al passo con i tempi.
Prendete ad esempio questa Anche Se, una lenta danza malinconica ai bordi di una pista da ballo in orario di chiusura dove le ore del mattino spingono a schiudere cuore e anima con la speranza che qualcuno ascolti veramente. La produzione volutamente ovattata e dilatata fa risaltare questo senso di spleen costante mentre la voce (sussurrata ma pregna di anima) della Rubino rapisce nella sua innocente chiarezza.