Un panino imbottito di paranoia e di voli a picco su un gonfiabile rosa.
I Pop Evil rappresentano un buon esempio del concetto di “botta” che affligge la musica pesante al giorno d’oggi. Se non vi è chiaro di cosa stiamo parlando, ci viene in aiuto una dichiarazione di Nergal dei Behemoth su quanto oggi il metal suoni robotico. E in effetti, ad ascoltare gli stacchi e i reprise di Paranoid, sembra di saltare su un gigantesco e sofficioso materasso a molla che ci fa volare in aria e poi assorbe pacioccone il nostro innocuo schianto. Non dovrebbe essere così rassicurante la violenza sonora del metal.
Ci vorrebbero corpi che vanno fino al limite fisico di tendiniti infernali, placche orofaringee che non perdonano e dislocazioni delle clavicole da brivido, invece ecco la tecnologia che riveste una chitarra e una batteria di un tale rimbombo che non basterebbe tutto il risentimento post mortem di Vinnie Paul per la reunion celebrativa dei Pantera a riprodurre sulla batteria personale di Satanasso il medesimo booooom!
In fondo non c’è niente di nuovo. Basta ricordare il suono dei Def Leppard e quanto somigliasse a quello di un certo Bryan Adams. Allo stesso modo i djent e i deflagranti chorus di Paranoid sono gli stessi di un qualsiasi singolo dei Five Finger Death Punch, degli Shinedown o dei Nickelback. Tutta gente capace e degna di stima, però così imbottita digitalmente che non si sa davvero chi si stia ascoltando là sotto.
Detto questo, Paranoid è un pezzo trascinante e montato su un videoclip davvero spettacoloso a cui val la pena di prestare attenzione. Mentre il metal sprofonda nelle viscere della macchina, abbiamo ancora un buon ritornello con cui sfogare la nostra paranoica malinconoia.
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