(Ri)scoprire le proprie radici e rinascere ogni giorno in un sé sempre più vero.
Spesso confondiamo l’evolversi con l’aggiungere cose. L’automobile moderna ha più optional e le persone del nuovo secolo sono multitasking. Ma è davvero un progresso? Le prime si guastano molto più facilmente e le seconde sono mangiate dallo stress e dai problemi mentali mille volte più dei loro nonni. Non è che forse l’essenziale è la soluzione migliore?
Applicando questa domanda alla musica, non deve stupire il percorso artistico di Galati. Partendo da lavori dominati da decine di layer che andavano a riempire e saturare ogni puntino bianco del pentagramma, nella sua carriera pluridecennale Roberto ha via via lavorato di scalpello, togliendo man mano il superfluo, per lasciare respirare l’essenza dei brani in tutta la loro purezza. Il suo nuovo lavoro, Alps (uscito in CD per la Databloem), è al contempo punto di arrivo e nuovo inizio per l’artista padovano, come dimostra il brano qui presente.
Crevasses and Seracs (e per esteso tutto l’album) si distacca da quel tipo di sound glaciale che aveva contraddistinto le sue composizioni ispirate da viaggi in terre vicine al Polo Nord. Qui siamo a casa, sulle Alpi, per un quasi ritorno alle origini. E come la percezione degli spazi e dei paesaggi si riempie certo di meraviglia (ma a un livello più intimo), così la musica dipinge panorami rarefatti e allo stesso tempo maestosi (ma con il rispetto che si porta verso i grandi vecchi). Un atteggiamento a tratti familiare che, come detto, da una parte sembra chiudere un circolo ma dall’altra si trasforma in spirale ascendente, spianando la strada a nuove forme di espressione.
Suoni nitidi, distinti, minimali, dritti al punto. Sfuggendo dalla prigione dorata della comfort zone sonica, Galati osa e convince come solo chi davvero ama e sente ciò che fa riesce a fare.