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Dish-Is-Nein: The Man Machine
Dario Parisini: presente!

Attaccare il cielo dal suo interno.

Dario Parisini è stato uno dei cervelli artistici più complessi, incompresi e allo stesso tempo scintillanti e visionari della musica italiana e non. Chiamatela industrial, chiamatela indie, chiamatela come vi pare che tanto di etichette a Dario e ai Disciplinatha ne sono state attaccate fin troppe, per lo più sbagliate – come sempre accade a quelli che sono un passo oltre il branco.

La sua scomparsa ha lasciato un vuoto non solo nelle persone che lo conoscevano, ma anche in quelli che lo ammiravano come musicista e artista. Troppo breve il capitolo Dish-Is-Nein per poter saziare la fame di chi si nutriva da quell’amaro calice, una mancanza che fa pesare come un macigno l’and-if del “cosa avrebbero fatto se…”.

È difficile dunque riuscire a parlare lucidamente di questo pezzo, perché in un certo modo è il testamento musicale di Dario. Sue infatti le chitarre, così come sua era parte delle idee messe sul tavolo assieme a Cristiano Santini riguardo a come affrontare il classico dei Kraftwerk senza snaturarlo ma facendolo proprio. Un’opera incompiuta che solo grazie alla tenacia degli ex compagni nel volerla completare ha potuto vedere la luce. Come tributo. Come regalo. Ai fan sicuramente, ma soprattutto a Dario.

Il marchio di fabbrica DIN è impresso nell’acciaio in questa versione straniante e schizoide: il contrasto netto tra i chili di elettronica e il Coro Monte Calisio rende benissimo l’idea del confine a volte labile tra la carne e il silicio, così come gli arrangiamenti stratificati creano man mano un senso che se all’apparenza è angoscia asettica tende in realtà alla ricerca della liberazione personale.

Leggendo queste ultime righe, probabilmente, Dario sorriderebbe e direbbe «non avete capito un cazzo». Come dargli torto?

Dish-Is-Nein Disciplinatha Dario Parisini Cristiano Santini Kraftwerk 

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