Formula che vince non si cambia.
Come la Nutella, la Coca-Cola e la salsa Worcestershire, anche il gothic metal è da più di 30 anni sulla cresta dell’onda senza aver mai cambiato la ricetta. Da Liv Kristine e i suoi Theatre of Tragedy in poi, decine di band hanno declinato con discreto ma costante successo infinite varianti della formula “the beauty and the beast(s)”: formula che a volerla dire in modo un po’ superficiale e di certo inopportuno, prevede una fimmina (di solito gnocca) alla voce e un numero variabile di trogloditi dietro a pestare come matti (soluzione poi estesa anche ad altri generi e sottogeneri, dove a volte la fimmina anziché sopraneggiare alla Tarja Turunen suona più come uno scarico di lavandino).
Ma stiamo divagando. Al netto della staticità del metal più classico (gothic, power, symphonic, tutte etichette che stanno a pennello sui Delain, ma sempre di metal classico parliamo), c’è da dire che quando un singolo è buono, è buono. E siamo qui per riconoscerlo, sentendoci pure un po’ in colpa per le facili ironie su fimmine e trogloditi.
Per altro in Beneath c’è pure un po’ di tricolore: la voce maschile che accompagna la nuova singer Diana Leah è quella di Paolo Ribaldini, italianissimo ma che vive e lavora in Finlandia (canta con i Seraphiel). Sapevàtelo.
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