Death fino alla morte.
Il problema del ricambio generazionale nella musica non riguarda solo chi sta sul palco e chi sta sotto. È soprattutto una questione di evoluzione dei generi. Escludendo i suoni – che ovviamente negli anni si sono fatti più moderni (un modo elegante per dire che si è passati dal costoso analogico all’economico, ma meno personale, digitale) – spesso le cose stagnano.
Come nel caso del death metal per esempio. Per quanto piacevole ed efficace, come può una pur volenterosa nuova band sperare di fare il botto con un brano che ricalca paro paro gli stilemi del genere e competere con dei mostri sacri ancora in attività che quel suono hanno letteralmente contribuito a crearlo? Non c’è gara.
Ecco perché l’ascolto del nuovo singolo dei ragazzacci della Florida, attivi sin dal 1984, è tutt’altro che un’operazione nostalgia. Loro questo erano, questo sono stati e questo sono: non copie, ma originali. E quando parlano i maestri, non si può fare altro che scapocciare… ops, ascoltare.
Gli Obituary con The Wrong Time tornano ad affondare la mannaia del death metal old school, e lo fanno senza pietà. Groove assassino, riff micidiali, drumming letale e la sempre riconoscibile voce di John “Elvive” Tardy a farla da padrone.
Il nomignolo è posticcio, ma ci sta. Non c’è nulla di nuovo qui, ma è tutto troppo terribilmente intenso e ben riuscito su tutti i livelli per poter archiviare il brano come “la solita solfa”. Non lo è, anzi. È una continua evoluzione in movimento restando ben piantati in un recinto costruito da loro stessi 38 anni fa. È un annerire i puntini (La settimana enigmistica docet) maniacale e chirurgico, che fa la gioia di chi ha amato e ama quei suoni. È roba fatta dai soliti vecchi che però hanno un bagaglio di esperienza incredibile e ancora tanto da dire, con buona pace dei giovani cloni. Che questi ultimi si rivolgano ad altri lidi per emozionare chi ascolta: gli originali restano inarrivabili.