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Iggy Pop: Frenzy
Scritto sulla pelle

Fino alla fine, fino all’ultimo respiro.

Iggy Pop fa parte della categoria degli immortali, alla quale possiamo ascrivere ormai pochi della vecchia guardia rock che tra i Sessanta e i Settanta hanno scritto parte della storia della musica.

Per quanto per molti sia stato l’antesignano del punk, per me è stata la sua amicizia con David Bowie il motivo principale che mi ha fatto avvicinare ai suoi Stooges e poi al quasi suo The Idiot, che ancora oggi resta un qualcosa di indimenticabile.

Finalmente torna a indossare di nuovo la sua pelle, lasciando perdere le sue inconcludenti incursioni nel jazz di Free, roba di cui non si sentiva il bisogno e che ha rappresentato un episodio evitabile della sua carriera (cosa che comunque succede e può succedere a chiunque).

Recentemente ha partecipato anche all’album tributo a Leonard Cohen, in una onesta versione di I Want It Darker che, pur non aggiungendo nulla, ha segnato lo stesso un bel momento. In ogni caso, sicuramente meglio ritrovarlo in questa Frenzy che arriva improvvisa ad assicurarci che l’Iguana a settant’anni e passa non ha nessuna intenzione di mollare e mettersi a fare il crooner.

Dura tre minuti ma scivola via in un attimo, condensando tutta l’energia in un suono pulito e orecchiabile che vede tra gli autori – oltre a Iggy – Chad Smith (batteria dei Red Hot Chili Peppers), Duff McKagan (basso dei Guns N’ Roses) e Andrew Wotman “Watt” (che vanta una infinita serie di collaborazioni da Eddie Vedder a Ozzy Osbourne, passando per Elton John, Post Malone e un’infinità di artisti difficile da elencare qui) in veste di chitarrista e produttore.

Quindi? Quindi la Atlantic e la Gold Tooth Records stanno pensando di fare le cose in grande per questo ritorno rock di Iggy, mettendogli a disposizione una vera super band che promette di fare fuochi d’artificio e bisogna proprio dire che hanno iniziato bene perché Frenzy ci ha fatto venire l’acquolina in bocca.

Iggy Pop 

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