Uno a cui certo non potremo mai dire che è finita.
Sono passati cinque lunghi anni da World’s Strongest Man, un lavoro che aveva confermato come la vena creativa di Gaz Coombes fosse ancora estremamente viva, fatta di idee sempre chiare e ben presenti, che avevano trovato una loro distinta eleganza compositiva. Gaz era riuscito a ripetere quanto di buono avevamo ascoltato con Matador (e l’impresa non era oggettivamente semplice), mettendo in evidenza come la sua carriera dopo i Supergrass fosse assolutamente da seguire.
Riassumendo: un grande autore che sta vivendo una brillante carriera solista dopo i successi ottenuti con la sua precedente band, cosa abbastanza difficile e decisamente rara.
Con Don’t Say It’s Over continua questo percorso: una raffinata canzone d’amore nella quale ricorda il primo incontro con la moglie, ma che non disdegna momenti oscuri e disturbanti. La canta come un navigato crooner, quasi fosse un vecchio brano di un repertorio classico da reinterpretare.
La cosa che affascina è la sua classe compositiva cristallina, l’eleganza del pezzo e il lavoro di arrangiamento che fa sempre brillare ogni suo brano: una capacità naturale e spontanea che trova in Alex Turner quasi una specie di involontario seguace, almeno nella seconda parte della carriera dei suoi Arctic Monkeys.
Il buon Gaz è più vivo che mai e pronto a stupirci ancora.
↦ Leggi anche:
Gaz Coombes: Deep Pockets
Supergrass: Bury My Heart