Freddi come il ghiaccio, roventi come il fuoco.
Nel 2022 l’essere ribelli e opporsi al sistema si manifesta con il non voler consegnare il cellulare ai professori prima delle lezioni. Nel 2023 non solo i Muse, i Coldplay e i Depeche Mode, ma anche i Pinguini Tattici Nucleari suoneranno a San Siro. L’11 luglio, se non ci credete.
In un mondo che va in pezzi e il collante usato per tenere il tutto insieme è una Big Babol gusto frutta con all’interno pezzetti di otturazioni appena saltate (con conseguenti dolori fisici ed economici), servono dei punti fermi per non crollare nel baratro della paranoia. Come i Darkthrone.
Il duo norvegese è l’emblema massimo della strafottenza e dell’insofferenza. Ogni loro lavoro (dalla pietra angolare del black metal Transilvanian Hunger, passando per quel gioiello black and roll che era The Cult Is Alive, fino alle cose più recenti) ha il pregio di brillare di luce propria – qualcuno di più, qualcuno di meno, ma mai e poi mai volutamente simili a qualcosa che “vada di moda”.
L’attitudine punk condensata nel marciume della loro visione nichilistica non è mai venuta meno, ed è quella che ritroviamo qui in questa Caravan of Broken Ghosts, cavalcata epica di otto minuti pregni di riff memorabili talmente convincenti che uno si chiede da dove riescano ancora a tirarli fuori dopo più di trent’anni. La risposta probabilmente è nella genuinità e nella semplicità: andare al cuore delle composizioni senza abbellimenti e restyling inutili.
Questa è musica che suona divinamente grazie al suo essere immersa nell’analogico, e rimette in contatto le orecchie con lo stomaco. Il duo di Kolbotn ha fatto centro, di nuovo.