Ritagliare un arrivederci dalla sagoma di un addio.
Ci sono cose che succedono perché devono succedere, congiunzioni astrali che si dichiarano per natura così meant to be che ormai, nella tua testa, è come se si fossero già verificate, anche se, nella realtà – appena fai mente locale – ti rendi conto che no, non era mica vero, ancora. Nel senso, sul serio fino a oggi non era uscito niente a firma The National + Bon Iver? Ha dell’incredibile, una tale nuda e cruda verità, considerando che a questo punto della storia è come se ormai la combo faccia parte quasi di un’unica band allargata.
Sì, perché le strade dei nostri Cincinnati finest e di quel figlio del Wisconsin barbuto e stempiato si sono incrociate non poche volte: il side-project Big Red Machine, l’Eaux Claires festival, il collettivo artistico (con tanto di etichetta discografica annessa) 37d03d. Gli scambi e i favori in numerosi dischi si contano sulle dita di svariate mani e, in tempi più recenti – a partire dai rispettivi I Am Easy to Find e i,i – la collaborazione si è fatta ancora più stretta, fino a sfociare in quel metaverso indie-pop (chiamiamolo Taylor Swift Extended Universe) che ha portato all’inaspettato rebranding della starlette verso nicchie hypster-folk prima inesplorate.
Le probabilità che Justin Vernon potesse mostrarsi immune al fascino di un nuovo singolo dei National erano quindi le stesse (se non inferiori) di qualunque late-thirties-early / forties indie-rock guy sulla Terra. Ovvero intorno allo zero.
Ecco allora questa Weird Goodbyes, che chiude il cerchio di cui sopra mettendo finalmente nero su bianco un featuring ufficiale firmato con i moniker più noti. Si parte da un pattern di drum machine, un sussulto meccanico che ti risuonerà nella scatola cranica fino alla fine del pezzo: è Aaron Dessner che gioca con i robot, mentre la batteria di Bryan Devendorf ci mette progressivamente quel tocco di umano che non guasta. Il tutto cresce accompagnato da quattro note in croce di pianoforte e dagli archi della London Contemporary Orchestra, diretta per l’occasione dall’altro Dessner, Bryce. Quando il familiare crooning di Matt Berninger si aggiunge alla festa mesta e duetta l’amico è già troppo tardi per abbandonare la tavola, imbandita della classica melanconia sbilenca e assorta che da più di vent’anni ormai limona duro con i fan della band e annoia a morte i suoi detrattori.
Si parla di tagliare i ponti con il passato e andare avanti, solo per finire a guardarsi indietro nemmeno quattro passi oltre la soglia dove ci siamo chiusi la porta alle spalle. Che la casa sia ormai vuota è un particolare insignificante, perché si sa: la carne è debole, ma il cervello è peggio.
The National (feat. Bon Iver) The National Matt Berninger Bon Iver Justin Vernon Big Red Machine
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