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Phil Thornalley: Fast Car
Un sorriso, e che non sia l'ultimo

Into the sea, you and me (ma anche da solo).

Dopo una carriera iniziata nel 1978 dietro al mixer (capolavori dei generi più disparati come Seven and the Ragged Tiger dei Duran Duran o Torn di Natalie Imbruglia) è arrivato il momento per Phil Thornalley di tornare a mettere al centro la sua musica.

Oltre a essere stato membro dei Cure per un breve periodo (suo il basso nel singolo The Lovecats e quello che si sente nel live album Concert) e frontman dei Johnny Hates Jazz (la sua voce è su Tall Stories), negli anni ha pubblicato sporadicamente anche lavori solisti (Swamp del 1988) non avari di buona musica. Dopo un paio di valide uscite a nome Astral Drive, ci riprova oggi mettendoci direttamente il nome intero (e la faccia) con il disco Now That I Have Your Attention, di cui Fast Car è un succoso assaggio.

Dato il curriculum di cui sopra non stupisce il fatto che la cura per gli arrangiamenti e i suoni sia maniacale pur risultando spontanea, così come la struttura del pezzo – un piacevole pop che mischia sapientemente le melodie dei Beach Boys alle intuizioni dei Beatles, aggiornando il tutto agli anni Zero – sembri terribilmente familiare, quel tanto che basta per non farci uscire dalla comfort zone (eppure non perde il guizzo che non fa calare l’attenzione). Sono trucchi del mestiere, e qui ce n’è tantissimo, ma, come si sa, spesso è più difficile costruire un brano semplice che funzioni davvero piuttosto che una suite rumoristica/sperimentale.

Un ultimo doveroso accenno di sorriso spensierato per un’estate che si sta chiudendo lasciando spazio all’incertezza dell’inverno che verrà.

Phil Thornalley The Cure Robert Smith 

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