Mai più legate su un tavolo in fabbrica.
Nel maggio scorso il governatore dell’Oklahoma, il repubblicano Kevin Stitt, ha firmato la legge sull’aborto più restrittiva degli Stati Uniti. L’interruzione volontaria di gravidanza diventa un reato perseguibile dalla legge, cancellando così con un colpo di spugna decenni di lotte e battaglie. Dopo due mesi, l’annullamento della legge Roe v. Wade viene abbracciato dalla metà degli Stati membri americani e comincia a far proseliti anche in Europa.
Il futuro è come sempre incerto insomma, ma per chi avesse bisogno di dimostrare il proprio dissenso aggrappandosi a un anthem, vengono in soccorso i messicani Margarita Podridas. Due ragazze e due ragazzi che, in un minuto e mezzo violento e diretto, pericolosamente e sfacciatamente in bilico tra punk e grunge (di quello “non amato da MTV”), urlano le loro paure, rivendicando in maniera nemmeno troppo sottile il diritto a scegliere di ogni donna.
È un pugno allo stomaco a quelli che benpensano, crudo e senza sconti, in completa antitesi ai discorsi da salotto (o da inginocchiatoio) che stanno prendendo sempre più piede, ovviamente portati avanti prevalentemente da chi – proprio tecnicamente – una gravidanza non potrà mai averla (a meno che non siano tutti dei novelli Schwarzenegger in Junior).
La musica non cambierà il mondo, ma può ancora essere la portavoce di un dissenso: i Margarita Podridas ne sono un efficacissimo esempio. E se qualcuno si scandalizza per il fatto che argomenti simili possano essere trattati in un brano “rock”, che vada a rileggersi Bodies dei Sex Pistols o Silent Scream degli Slayer per avere una visione più ampia (e da diversi punti di vista) della cosa.