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Jean-Michel Jarre: Brutalism
Trattenere il respiro fingendo compostezza

Quando l’asfissiofilia si fa musica.

In coppia – o da soli – la mancanza di ossigeno “sotto le coperte” è pericolosa, si sa (lo sapete vero?), ma ad alcuni può dare anche delle soddisfazioni.

Se vogliamo fare un discorso meno erotico invece, si può affermare che la mancanza di Oxigène ha reso il nuovo lavoro di Jean-Michel Jarre inaspettatamente entusiasmante. Gioco di parole banale, certo, ma rende l’idea.

Sia chiaro, il francese nella sua pluridecennale carriera non è mai sceso sotto la soglia del dignitoso, ma il suo approccio con la musica è sempre stato avaro di soluzioni che potessero in qualche modo eccitare davvero l’amante dell’elettronica dura. E invece stavolta lo fa godere. Sì, perché con Brutalism il nostro ci trasporta in un mondo nero, oppressivo, asfissiante (appunto), più vicino a un club buio e nascosto in un sotterraneo di una metropoli piuttosto che a una piazza centrale tra giochi di laser luminescenti. A 74 anni (settantaquattro) il nostro pesta che manco i pischelli, in maniera talmente quadrata e decisa che persino il remix firmato dall’altro genio chiamato Martin Gore, a confronto, sembra una cosa molto più light (sembra, perché di per sé non lo è, anzi).

Non era previsto, ma bisogna essere onesti: Jarre ha servito sul piatto uno dei pezzi elettronici più stupefacenti dell’anno. Quindi, tanto di cappello. E ora, respirate.

Jean-Michel Jarre Martin Gore 

↦ Leggi anche:
Martin Gore: Mandrill

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