Quarant’anni di pura classe. Punto.
Troppo spesso quando si tirano in ballo i grandi nomi che hanno plasmato un certo modo di intendere la musica e in particolare il post-punk, ci si dimentica di alcune formazioni fondamentali. Per mancanza di memoria? Per pigrizia? Perché difficilmente vengono citate direttamente come fonte primaria di ispirazione? Poco importa, si è sempre in tempo per recuperare.
È il caso degli And Also the Trees. Non hanno nulla da invidiare ai loro contemporanei, e sin dall’esordio su cassetta nel 1982 (From Under the Hill, con lo zampino di Robert Smith e Mike Hedges), i Nostri hanno infilato una serie di piccoli capolavori di innata bellezza.
Tornano oggi con The Bone Carver, di cui In a Bed in Yugoslavia è il singolo apripista. Un’ispirazione ai massimi livelli espressa tramite un intreccio sonoro solo apparentemente semplice, che sorregge una linea vocale profonda, malinconica ed evocativa, pregna di lirismo dato da un testo che, come da tradizione, è pura poesia. Innamorarsi della persona alla quale ci si sveglia accanto tutte le mattine, ogni volta come fosse la prima: questo è il modo in cui gli And Also the Trees riescono sempre a prendere lo stomaco dell’ascoltatore a ogni uscita.
Il loro non essere sulla bocca (e nelle orecchie) di chiunque rimane un delitto artistico che purtroppo resterà impunito. Per chi invece li ha sempre amati, ritrovarli nuovamente così profondamente ispirati e comunicativi è motivo di gioia e piacere infinito. A certe vette non ci si abitua mai.