Il canto del cigno. Anzi, del brutto anatroccolo.
Uno dei miti più curiosi della Sardegna è quello sulla figura dell’accabadora (dallo Spagnolo acabadar, finire), una donna che veniva chiamata dai parenti di un malato in fin di vita per porre fine alle sue sofferenze e ucciderlo con un colpo di mazza, detto su matzolu. Una specie di boia su commissione si potrebbe dire. Quanto ci sia di vero e quanto di fantasioso rimane un mistero, ma il tutto non può non essere considerato quantomeno singolare e curioso.
E sembra proprio che la femina accabadora sia stata idealmente invitata dai veterani UK Subs in occasione dell’uscita del loro – letteralmente – ultimo disco, Reverse Engineering. Un canto del cigno premeditato, un ultimo colpo di coda per mettere il sigillo finale a una gloriosa carriera quarantacinquennale all’insegna del “nessun compromesso”.
Ed è proprio così che suona questa Statements, un minuto e 45 sparati dritti allo stomaco con la stessa vecchia attitudine marcia e sguaiata che ha contraddistinto ognuno dei venticinque (!) album in studio della gloriosa band londinese. Charlie Harper, unico membro della primissima lineup rimasto, ringhia ancora come se non ci fosse un domani mentre il fido Alvin Gibbs (in pianta stabile dal 1980) macina riff sulle quattro corde senza risparmiarsi. Un attacco frontale crudo e onesto che fa onore agli UK Subs e che fa scendere un poco la lacrimuccia a chi li ha sempre amati, sapendo che questa è davvero l’ultima volta.