Nuovo tropicalismo offresi.
Se è vero che tempi difficili producono arte degna di nota, un’attualità nella quale tutto sembra andare a rotoli dovrebbe partorire autentici capolavori. Ai posteri – se mai ce ne saranno – lasciamo le eventuali ardue sentenze, mentre cerchiamo di pensare ad altro, scandagliando il mare magnum discografico in cerca di qualche perla.
Da San Paolo del Brasile ne porge qualcuna Tim Bernardes, cantautore e polistrumentista che al secondo LP compie un passo avanti in termini di ispirazione complessiva e solidità della scrittura.
Chissà se nella crescita c’entrano la collaborazione con la dea del Tropicalia Gal Costa e un’ospitata sull’ultimo disco dei Fleet Foxes: difficile stabilirlo con certezza e comunque conta poco, siccome più del curriculum sono i fatti che restituiscono il valore di un’artista. E la ciclicità dal tipico gusto amarognolo (però pure pastello) di Nascer, Viver, Morrer è una bella concretezza all’insegna del talento.
Poggiati su chitarra e batteria, due minuti di cristallino, tenero e tristallegro folk pop carioca si fanno strada lungo una moderna asciuttezza indie, ponendo in risalto l’emotività della voce e la riflessione esistenziale che intesse. Perfetta maniera per tenersi lontani da revival senza causa, guardando alla tradizione nazionale – non solo tropicalista – per considerarla il punto di partenza di un discorso personale. Del resto, le radici sono radici e ci sarà un motivo se il motto del Brasile è “Ordine e progresso”, non credete?