Beat generation in ritardo. O forse no.
Il nuovo album della poetessa, interprete e compositrice Moor Mother – Jazz Codes, appena uscito – sembra essere abitato da molti personaggi (citati, ricordati, o anche solamente pensati). Si sente infatti un’aria così potente, tinta di tributo e già questo è un sintomo di come la ricchezza espressiva di Camae Ayewa possa permetterle di continuare a sfornare materiale su materiale senza mai risultare scontata.
Ad accompagnarlo avremo pure un libro di poesie con lo stesso nome, che – come il disco – renderà un cospicuo omaggio a una manciata di innovatori: la pianista Amina Claudine Myers, l’immancabile Yusef Lateef, il sassofonista Joe McPhee e il trombettista, emblema del world jazz, Woody Shaw (la cui insaziabile curiosità culturale e ampia versatilità strumentale lo hanno reso una figura distinta nella musica americana).
Woody Shaw, il primo singolo, presenta la voce aggiuntiva di Melanie Charles, e la cosa aiuta a sistemare tutti gli ingredienti al loro magico posto, creando uno spoken word illuminato, molto jazzy e altrettanto world. «Woody Shaw, elevator out of town / He’s coming, he’s coming up and down».
Il video – diretto da Cyrus Moussavi – mostra Moor Mother mentre legge la poesia nella sede di Leimert Park della Pan Afrikan Peoples Arkestra, fondata da Horace Tapscott nel 1961. Una clip da vero quartiere periferico americano, che inizia con Maia al vibrafono e che poi, senza stacchi di camera, passa a Michael Session al sassofono, Henry Franklin al basso e Mekala Session alla batteria. Lo spirito è quello di una jam che sembra provenire dai remoti anfratti di qualche bar beat o da qualche retrocampus USA che ancora sa cosa siano la musica, la storia e la poesia.
Moor Mother Camae Ayewa Melanie Charles
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