Disegnare il cerchio della vita danzando su foglie secche.
Le foglie cadono in autunno. Nella lingua inglese esistono due modi per chiamare la terza stagione: autumn (utilizzato perlopiù dagli anglosassoni, derivante dal francese “automne”, che richiamava il periodo del raccolto) e fall (utilizzato in America, più esplicativo: cadono le foglie e insieme a esse la notte invernale incombente), che per un certo periodo ha dovuto vedersela con harvest (“raccolto”).
Nella poetica dell’ultimo album dei Goodbye Kings invece è la parola francese cliché a riecheggiare austera, che nel contesto assume un significato beffardamente cinico, ma allo stesso tempo malinconico.
L’ensemble nato all’ombra della Madonnina arriva dopo dieci anni al quarto lavoro in studio con un’opera ambiziosa e a modo sua visionaria: rappresentare il ciclo della vita utilizzando come medium quello della natura. Una specie di concept album di cui Spring è il tassello che i Nostri hanno deciso di usare come biglietto da visita.
Accompagnata da uno splendido video che è a sua volta parte di un progetto più ampio volto a regalare immagini al lavoro nella sua completezza, la terza parte di The Cliché of Falling Leaves si muove in territori post-rock che farebbero venire la pelle d’oca ai Sigur Rós, senza tralasciare alcune spolverate jazz che si mischiano alla perfezione con le atmosfere shoegaze sullo sfondo, lasciando in bocca un gusto squisitamente Seventies teletrasportato ai giorni nostri.
Tornando alla clip, avete presente il balletto di Roland Petit sulle musiche dei Pink Floyd o Siamese Twins dei Cure al Riverside? Ecco, ma fatto molto meglio. Un’esperienza multimediale che spero prima o poi riesca a trovare il giusto compimento in una performance live sul palco di un teatro. Qualcosa tipo l’Eneide di Krypton, per intenderci. Davvero uno splendido lavoro.
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Disclaimer: Davide Romagnoli, membro dei Goodbye Kings, è da tempo anche collaboratore di Humans vs Robots.