L’ennesimo atto di Fede.
L’errore più grosso in cui cadono praticamente tutti i critici e gli ascoltatori di musica è quello di cristallizzare il suono di una band in un periodo preciso o in un album particolare. Inutile nascondersi dietro a un dito: chiunque più o meno lo fa. Rendersene conto però può aiutare a non perdersi roba di qualità.
Ad esempio i Diaframma.
Quante volte chi nel cuore ha il periodo dark figlio dei Joy Division più ossessivi risalente ai primi singoli e della new wave di Siberia ha ripetuto, a ogni nuova uscita, lo stesso mantra? «Eeeeh non sono più quelli di una volta». Sorpresa! No che non lo sono. Si tratta di quarant’anni fa, e in quattro decadi si cambia. Tutti. Nessuno escluso.
Quello che ha permesso a Federico Fiumani di rimanere a galla in un mondo di pescecani come quello discografico è un insieme di fattori: la tenacia, sicuramente, un innato talento strafottente e soprattutto la riconoscibilità, dote sin troppo rara ormai.
In un mondo di plastica filtrato dalle macchine, volto ad apparire belli nascondendo ogni imperfezione, la voce imperfetta ma vera di Federico è un barlume di resistenza che diventa faro per quelli che ancora cercano il lato vero della vita. Ogni capello bianco, ogni ruga non sono una sconfitta ma un trofeo guadagnato duramente giorno dopo giorno, andando avanti in questa battaglia quotidiana che si chiama esistenza.
Ecco allora che il nuovo singolo, spogliato di tutti i preconcetti da darkettoni attempati, diventa un pezzo splendido nella sua genuinità: sorretto da una serie di chitarre figlie degli anni ‘90, il testo – come spesso accade con Fiumani – diventa il cardine attorno al quale girano le note, sempre crudamente descrittivo per una storia che all’effimero del finale a lieto fine preferisce l’amaro in bocca (al quale però, a una certa, uno si abitua), ritrovandosi a ghignare beffardo di fronte allo specchio facendo spallucce al mondo infame – ché tanto, domani, siamo ancora qui.
La grandezza della poesia di Federico è anche questo, e nella poesia – si sa – contano più il non detto e ciò che si legge tra le righe. Fino al prossimo giorno.