La cognizione del (post) dolore.
La vita gioca brutti scherzi. A volte può essere un tappeto cosparso di cocci e chiodi arrugginiti chiamati “rimpianto”. Ne sa ben più che qualcosa Nina Nastasia, cantautrice indie-folk americana che il prossimo luglio – dopo quasi tre lustri di assenza – si ripresenterà con un album intitolato Riderless Horse del quale Just Stay in Bed costituisce l’anticipazione. Prodotto dal fidato Steve Albini, il disco ha alle spalle una storia che spiega sia la prolungata pausa che il ritorno sulle scene.
Riderless Horse porta su di sé il peso di una catarsi e della risposta al tragico suicidio del marito e collega Kennan Gudjonsson. Le cose non dovrebbero mai andare così, ma purtroppo succede. Succede che per venticinque anni vivi dignitosamente e felicemente con qualcuno che ami. A un certo punto, ti rendi conto che nei muri e soprattutto nell’anima ci sono delle crepe che si allargano ogni giorno e niente le può fermare. Una relazione va a rotoli con il classico corollario di sofferenza e dolore mentre tenti di salvare il salvabile, fino a quando neppure la musica può più fare qualcosa.
Alla fine prevale l’autoconservazione e ti separi. Il giorno dopo, la persona con cui stavi decide di farla finita in un modo diverso. E tu? Per affrontare tutto questo e ciò che verrà, ricominci da te e dalle canzoni. Canzoni dove il senso di colpa si accompagna alla consapevolezza che essere umani significa anche andare avanti. Poi le registri, quelle canzoni, con due amici in un hotel con vista sul mare tra una lacrima e un sorriso, un arpeggio e una voce che, con disarmante dolcezza, tagliuzza il cuore e ne fa coriandoli. Nel frattempo, il sole si affaccia tra le nubi, aprendole poco alla volta.