Ebony, ivory, and brass.
Chad e Christopher nascono e crescono in Arkansas, a Little Rock, a pochi isolati di distanza. Le loro vite scorrono parallele così come contemporanea è la nascita e crescita della passione nei confronti della musica. Intrecceranno i loro percorsi in tarda adolescenza, andando a creare un’amicizia che diventa simbiosi artistica al servizio di un jazz arioso e sperimentale che brilla di luce propria nel panorama attuale. Il loro ultimo album, Park Hill Saudade, è un piccolo gioiello, di cui Processing è il riflesso più luminoso.
Diciotto minuti di giocosa e gioiosa sperimentazione in cui il pianoforte di Parker e il sassofono di Fowler si rincorrono senza fretta in uno svolgimento cinematografico, dai risvolti spesso inaspettati, che incuriosisce e mantiene sulle spine le sinapsi dell’ascoltatore.
In una scena sempre più di nicchia e comunque troppo satura di uscite formalmente buone, ma che lasciano ben poco in mano (e nelle orecchie), dischi simili riescono a riaccendere la passione per un genere, il jazz, che cerca in tutti i modi di sopravvivere agli scempi moderni, nei quali suddetto termine si applica alle cose più ignobili pur di vendere qualche biglietto in più (basti dare un’occhiata ai cartelloni delle rassegne della prossima estate per mettersi le mani nei capelli).