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Reckless Love: Turbodriver
Quattro piccioni con...

Cyber glam metal dalla Finlandia, in tutto il suo tamarro splendore.

Il problema del revivalismo anni ‘80 è che sembra di vedere un ragazzino che gioca con dei vecchi costumi. Negli anni ‘80 non si sentivano anni ‘80. Realizzavano musica pensando al 2050. Era una visione pacchiana e biodegradabile ma in fondo più genuina di questi ritorni all’indietro inzuppati di nostalgia per tempi mai vissuti direttamente da chi si strugge nell’omaggio creativo. I Reckless Love mostrano come si pesca dal passato e si viaggia nel futuro.

Turbodriver ha una spinta piuttosto bombastica (ammesso che questo termine si adatti a pieno al senso che vorrei dargli), diciamo che è un sound pompato, rimbalzante, tipo una pallina di gomma giù per le scale. Ma ciò che più conta è l’approccio ruvido e tirato. Non c’è tristezza nell’enfasi cantante di H. Olliver Twisted e se a un certo punto la pallottola cyber glam di Turbodriver si trasforma nel ritornello in un vecchio brano degli Stratovarius è perché tutto ciò che viene dalla Finlandia alla fine si inceppa nel modus creativo del vecchio poeta pazzo Timo Tolkki.

I Reckless Love amano il classic rock ma non ce lo fanno pesare e ci mostrano piuttosto quanto ancora si potrebbe pasticciare con i vecchi accordi e i soliti temi abusati creando grandi canzoni che spingono, poiché se nulla si inventa e nulla si distrugge, bisogna iniziare a rompere gli stilemi hard per creare un po’ di spazio espressivo. Niente pietà per il rock’n’roll, solo tanta irriverenza spensierata, alla vecchia maniera.

Reckless Love 

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