Entità senza dimensioni compagne di un viaggio in solitaria.
L’ultima volta che Húlten aveva pubblicato un album, si trattava di un side project che gli faceva respirare aria diversa da quella inalata nei sulfurei Tribulation. Evidentemente la cosa gli era piaciuta molto, al punto tale da rompere – seppur amichevolmente – con gli ex compagni di note alla vigilia dell’uscita di Where the Gloom Becomes Sound, per concentrarsi sulla carriera solista.
Carriera che dopo un avvio (splendido) in chiave folk/acustica, ha spiccato il volo andando ad abbracciare sonorità inedite e inaspettate, a conferma del talento di Jonathan, uno che non teme il giudizio degli affezionati e anzi continua il suo percorso di ricerca a ritroso per andare a scavare nelle influenze che lo hanno forgiato come autore.
Cartolina attuale di questo viaggio è Dance of the Water Spirits, sorta di prog psichedelico oscuro molto in voga nei primi anni ‘70, che non nega strizzate d’occhio al dungeon synth e alla musica tradizionale celtica, per un risultato fiabesco non distante dal Barrett più visionario, un paio di trip prima di quello fatale. È musica “altra”, che affonda le sue radici nel passato, ma che, come solo i grandi artisti riescono a fare (vedi i Dead Can Dance), non puzza mai di vecchio, mantenendo sempre e comunque quella forma di freschezza e urgenza espressiva tipica delle composizioni che, pur suonando familiari, stupiscono a ogni ascolto per arrangiamenti e scelte di intrecci vocali e sonori.
C’è della religiosità evocativa nella musica di Húlten, una purezza che riporta a una concezione di spirito intatto e strettamente legato alla natura, in antitesi a una convivenza moderna che troppo spesso sembra essere forzata, portando tonnellate di caos e disordine nei cuori dei bipedi più famosi della terra.
Lasciarsi ipnotizzare dal suono magico di Jonathan, sforzandosi di coglierne il significato profondo che va oltre la canzone stessa, può essere un primo piccolo passo verso una riconciliazione tra l’uomo e il pianeta che lo ospita. O perlomeno con ciò che siamo dentro. Non è poco.
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