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Ty Tabor: Sister Genocide
Psichedelia rock da divano

Eccovi servita una torta anni Settanta con dentro un sacco di morti.

Ty Tabor mette da parte i buoni, vecchi King’s X e la prende davvero tranquilla. Pizzica la chitarra su un paio di accordi “fattoni” e gongola di genocidio alla Fratello Sole, Sorella Luna. Niente male, no? Un bell’abbraccio cristiano agli orrori divini, alle parti ingrate dell’imponderabile disegno. Le melodie sembrano uscite da un cassetto di trent’anni fa, quando c’era uno strano connubio attitudinale tra gli anni ‘70 e la Generazione X, ma senza la compiacenza artigianale e votiva di oggi. Si usava il passato per dire cose sul presente. Ora invece si usa il presente per dire cose passate. Per questo Sister Genocide, al di là del messaggio molto heavy su un tappeto grunge, è un pezzo che fa bene all’ambiente, perché recupera il tono e lo stupore sbarazzino degli anni fioriti e canta frasi degne di un gruppo black depressive all’ultimo stadio.

Ty Tabor gozzoviglia sulle note e bofonchia scale escheriane in vorticoso arranco verso il sole. Se questo brano fosse un colore sarebbe il giallo. Rifrange la luce su un vetro sporco, dopo una giornata passata a fradiciare i vestiti stesi alla finestra e le speranze oltre le nuvole. Poi il cielo si apre e la costata di fraseggi fa evaporare la nostra impazienza, restituendo un po’ di tempo per un frettoloso riscatto.

Abbassate la visiera, chiudete gli occhi e lasciatevi scaldare finché non si saranno seccate tutte le patacche di malinconia. Non sappiamo cosa resterà di questi rimasticamenti creativi, ma di sicuro Sister Genocide vi ricorderà che non si vive di vecchi ricordi. Si vive creandone ogni giorno di nuovi.

Ty Tabor King's X 

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