Ridateci la giacca. E i nostri vent’anni.
Si resta sempre colpiti da come certi sottogeneri siano nati sotto forma di culto e abbiano pian piano conquistato uno spazio sempre maggiore. Caso lampante lo shoegaze, fenomeno in origine limitato alla sola Inghilterra e successivamente trasformatosi in un esperanto sonoro assai popolare pressoché ovunque, soprattutto in America. Pur con un’esposizione mediatica un filo più ridotta, l’annotazione vale anche per quel pop chitarristico dolcemente naïf “made in UK” che passa sotto il nome di C86, il cui testimone è stato raccolto oltreoceano dalla Slumberland.
Attiva già a fine anni Ottanta, l’etichetta ha funzionato da anello di congiunzione generazionale ospitando tra gli altri Velocity Girl, 14 Iced Bears, Black Tambourine, The Pains of Being Pure at Heart. All’elenco si è aggiunto nel 2018 Jason Quever, artigiano di talento che da più di tre lustri offre delizie psych pop con l’alias Papercuts. Saporito antipasto dell’album Past Life Regression, previsto in uscita il 1° aprile, I Want My Jacket Back è infatti un perfetto babà indie pop dal retrogusto folk. Costruita su arpeggi e impasti vocali byrdsiani, melodia circolare di sognanti, melanconici “la-la-la” e la classica scorrevolezza scambiata da troppi per elementarità, è una scintillante filastrocca che diresti provenire dal 1965, dal 1986 o dall’eterno presente in cui siamo immersi.
Roba che entra in testa nel giro di un ascolto e illumina la giornata come un sorriso scoccato all’improvviso dalla ragazza della porta accanto. Della quale siamo ovviamente innamorati e nondimeno troppo timidi per dichiararci. Che sia infine giunto il momento di farlo? Aiutaci tu, Jason, e ti restituiremo la giacca.