Lost in a forest, ma con un synth.
Per i meno informati, un po’ di storia urbana: Cureheads era il nomignolo che si erano dati i fan dei Cure a cavallo tra gli ‘80 e i ‘90 per distinguersi dal movimento goth in senso stretto. Un po’ come se in Italia uno vestito di nero alla domanda “sei un dark?” rispondesse “no, sono in fissa con i Cure”.
A grandi linee il concetto è questo.
Sarebbe facile dunque aspettarsi da Giorgio Falcone, alias Curehead-K, qualcosa che riporti alle sonorità di Smith e compagnia. Niente di più sbagliato. The Cloud Over the Bones, tratto dal suo disco d’esordio Into the Labyrinth, è uno strumentale che diventa un piccolo viaggio elettronico, tra atmosfere rarefatte e giochi ritmici liquidi e taglienti per una colonna sonora degna del trip mentale più distorto. Nonostante all’apparenza il tutto sia ridotto all’osso, c’è molta carne al fuoco in questi sei minuti che lentamente ma inesorabilmente entrano nelle orecchie dell’ascoltatore, andando a risvegliare vecchi ricordi in odore di Sheffield, con un pizzico di Bristol, in una commistione lo-fi che ne accentua l’efficacia.
L’approccio arty alla composizione può essere pericoloso e sfociare spesse volte in soluzioni pretenziose e sopra le righe, che dopo poco diventano noiose: in questo, Giorgio dimostra di avere la mano giusta e di saper osare senza mai lasciar cadere l’attenzione.
La colonna sonora perfetta per i giorni uggiosi a venire.
Curehead-K Cure The Cure Giorgio Falcone
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