La perfezione sta nell’essere imperfetti, no?
In un’epoca che sembra lontanissima, le etichette discografiche (soprattutto quelle indipendenti o presunte tali) avevano un pregio: sapevi a cosa andavi incontro. Nessuno pensava di trovare un menestrello folk se tra le mani aveva un disco della Music for Nations, così come solo un pazzo pensava di imbattersi in una band synth pop nel catalogo SST. Ci si affezionava, ci si fidava, e le label diventavano veri e propri bollini di garanzia.
Il tutto si è un po’ perso con l’arrivo della musica liquida, ma va da sé che i più attenti non si fanno mai scappare i dettagli, poco importa se stampati su carta o semplicemente segnalati sul proprio drive preferito.
Ecco allora che il solo leggere “4AD” di fianco al nome Big Thief dovrebbe far passare il test di qualità, e a ragione. Approdata alla mitica etichetta britannica nel 2019 la band newyorkese è sulla scena da poco più di un lustro e ha già disseminato il mercato con una serie di uscite sempre convincenti ed efficaci. Ne è un fulgido esempio questa Time Escaping, con il suo indie-folk-pop pesantemente deviato, che somiglia terribilmente a una fabbrica abbandonata di giocattoli difettosi – ma proprio per questo affascinanti e unici – dove il classico e l’imprevedibile si fondono dando vita ad acquerelli in tre dimensioni. Sembra quasi come se ritmica da una parte e melodia dall’altra si scambiassero i ruoli, senza però stravolgere la sostanza del pezzo.
Fossimo negli anni ‘90, i Big Thief spopolerebbero su 120 Minutes (do you remember?): una vera boccata d’aria corroborante per combattere questi tempi asfissianti.