Lo Zen e l’arte della manutenzione del groove.
«Si balla per cambiare forma, per raggiungere quella che ci rende felici», dicono i C’mon Tigre annunciando al mondo Twist Into Any Shape, canzone da star bene istantaneo, con un video a cui bisogna solo obbedire. La musica è la solita: le chitarre del deserto, gli organelli dub, i fiati afrobeat, la voce dentro la cornetta del telefono, il vocoder assassino, la gruva irrefrenabile, la fighezza irraggiungibile. In Italia di gruppi così, con un’estetica così, con una visione così, con una coerenza così, con uno stile così, ci sono solo loro.
I C’mon Tigre sono in due, ma sono una moltitudine, come Satana, e sul palco possono essere quattro o quattordici, e sotto al palco si circondano di pittori e illustratori e registi e pensatori e collezionisti di vinili per tirare fuori un suono afro psichedelico elettronico visionario futurista e nostalgico, moderno e fuori dal tempo che ci manda nei matti. Se li conoscevi già, hai già capito. Se non li conoscevi: ascolta una canzone a caso, in macchina, guidando verso un meritato tramonto.
I C’mon Tigre esistono dal 2014 e fino adesso non hanno sbagliato una mossa: il primo disco omonimo era bellissimo, il secondo, Racines, era meglio, i remix spaccano tutto, i video sono dei gioiellini, e adesso si mettono pure a fare i meme, perché no: Twist Into Any Shape è apparsa dal nulla in esclusiva Nowness, su un sito uber cool con cui i nostri avevano già collaborato ai tempi del video mezzo porno giapponese con Gianluigi Toccafondo. Il regista questa volta è Donato Sansone, che si è inventato un blob di gente che balla in giro per il mondo, finché anche le automobili iniziano a ballare, i corpi perdono la testa, le articolazioni si disarticolano e scoppia il silenzio che annuncia l’estasi. Miglior video dell’anno fino adesso, miglior pezzo dell’anno fino adesso, corna al cielo, emoji del fuoco, vogliamo il disco nuovo.