Amore non amore. Ma nuovo, a modo suo.
Quasi due anni or sono, durante gli angosciosi mesi del primo lockdown, ci siamo ritrovati nostro malgrado a vivere dentro una sospensione irreale. Percorsi esistenziali che, per quanto frenetici e forsennati, avevamo sino ad allora considerato – per abitudine o inevitabilità – “normali” hanno iniziato a dimostrare la loro assurdità. Poco dopo, dall’Inghilterra è giunta una plausibile colonna sonora di quei momenti. La più plausibile di tutte.
Non sussistono dubbi sul fatto che William Emmanuel Bevan (in arte Burial) sia un talento puro. Lo capisci dalla personalità, da come sfugge alle etichette, dalla disinvoltura con la quale tasta il polso all’attualità. Prova ne sia che, distillando ritmi e frammenti (armonici e non) con destrezza ineguagliabile, continua a disegnare paesaggi dove il tempo si trasforma davvero in un elemento relativo. Per questo si permette un EP come Antidawn, che supera di slancio i tre quarti d’ora e avvolge l’ascoltatore in una sospensione familiare. Stridori inclusi, ovviamente.
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Ineccepibile, l’esito conduce un passo oltre un minimalismo che sbriciola il groove e però si ferma un attimo prima della dissoluzione completa. Sistemato in sottofondo, il ritmo diventa così un telaio subliminale per brani misteriosi e dilatati, che richiedono un impegno lontano dal contemporaneo “mordi e liquida”. Eppure ripagano, eccome. Soprattutto l’apice New Love: sette minuti che scorrono in un lampo intrecciando ambient, soul e ghostalgia tec(h)nologica senza soluzione di continuità.
È qualcosa che si deposita poco alla volta come nevischio, creando una sfoglia inquieta e tuttavia suadente. Ai limiti dell’impalpabile e del definibile, è una fotografia della realtà circostante e di quella interiore. È musica che ti accompagna mentre a notte fonda cammini in mezzo a vie deserte di sobborghi metropolitani, il freddo che taglia il volto e nessuno in giro. Ma senza paura, perché in fondo è quella l’unica cosa da temere.