L’Etiopia vista dal Belgio sembra Saturno.
Nathan Daems la fantasia si vede che la usa tutta quando suona. Chiamare il tuo gruppo Black Flower è come dire: “Adesso non ho proprio tempo di pensare a un nome memorabile per la banda in cui scrivo tutti i pezzi e faccio tutti gli arrangiamenti: sarà un gruppo stratosferico, terremo insieme il jazz etiope, il dub sufista invasato e la psichedelia sahariana, costruiremo un obelisco dedicato a Sun Ra nella piazza grande di Addis Abeba, ci metteranno come colonna sonora nei razzi per Saturno, ma adesso sono in ritardo per le prove e un nome più originale di questo proprio non mi veniva in mente, scusate”.
Tranquillo, Nathan, ci ricordiamo lo stesso: black flower, fiore nero, facile, come la canzone dei Nomadi.
I Black Flower vengono dal Belgio, ma se li ascolti a occhi chiusi non ci fai caso. Nathan Daems è il capo della banda e suona tutti i tipi di strumenti a fiato fricchettoni che ti possono venire in mente, ma soprattutto sax e flauto, e dà l’impressione di trovarsi ugualmente a proprio agio in un jazz club a Soho che in una moschea a Istanbul. Come se non bastasse, è pure un bel ragazzo.
Magma è già il disco dell’anno, se ti piace l’afrojazz dub psichedelico – e a chi non piace l’afrojazz dub psichedelico? Morning in the Jungle – terzo singolo estratto, o insomma terza canzone del disco apparsa fino adesso su Spotify – ci ha definitivamente preso il cuore, grazie alla partecipazione vocale di Meskerem Mees, cantautrice (belga pure lei, giovanissima pure lei, bravissima pure lei) che di solito si muove su coordinate voce-e-chitarra-e-poco-altro, ma che atterra su questa traccia con una grazia, un’innocenza e un istrionismo che sembra Martina Topley Bird quando cantava con Tricky, avete presente?
Il 97% per cento della musica dei Black Flower è strumentale, ma in qualsiasi momento potrebbe iniziare a cantarci sopra Fela Kuti, e c’è una definizione precisa per il genere di musica in cui Fela Kuti potrebbe iniziare a cantare in qualsiasi momento: musica buona.