L’angolo più oscuro della pista da ballo.
I generi musicali sono affascinanti. Permettono a chi suona e chi ascolta di avere dei punti di riferimento che aiutano a descriversi e/o muoversi nella giungla infinita di uscite quotidiane vs lavori del passato per conoscere, condividere e (perché no?) alimentare un senso di appartenenza a qualcosa che faccia sentire sicuri.
Spesso però sia i musicisti sia gli ascoltatori hanno un atteggiamento misoneista nei confronti della musica, precludendosi la gioia data dalla freschezza della sperimentazione.
Impermeabili a sentimenti simili, gli Age of Distance nascono come progetto satellite dei deathrocker Dystopian Society, ma lasciano da parte qualsiasi strumento a corda o pelli per lasciar fluire la loro ispirazione supportati da macchine analogiche e digitali.
Il risultato è (appunto) elettrizzante: Destination Nowhere è un concentrato di electro con venature darkwave che rende evidente quanto i Nostri continuino a mettere anima e corpo nelle loro composizioni. Pezzi che trasudano carne e vita, seppur utilizzando dei mezzi all’apparenza davvero diversi. La scuola mitteleuropea che si mescola a quella teutonica, tenendo sempre bene a mente i mantra ipnotici made in Detroit, il tutto affogato in un dancefloor nero come la pece.
Quando si potrà tornare a ballare diventerà un riempipista micidiale.