Gli ultimi secondi di una vita senza amore, né speranza o clean vocals.
I Last Ten Second of Life suonano un metallo davvero estremo, con un burbero cattivone che urla dalle viscere frasi senza scampo, mentre le chitarre pressurizzate ronfano crude melensaggini da inferno dantesco. Peccato che tutto questo sia così levigato, bombastizzato, infiocchettato al punto da rendere Invictus Unto Fire una perfetta bomboniera per la comunione satanica.
Ma questo non è necessariamente un difetto, anzi. Una composizione così gagliarda e vitaminizzata neutralizza senza spargimenti di sangue e dolore superfluo. Mazza e stramazza al suolo. Prima che tu finisca in terra, c’è già una portantina che ti fa sparire nella gola di un buio corridoio. E da lì non ti resterà che il ronzio arpeggioso di un fraseggio cristallino in dissolvere.
Non si sa bene dove possa condurre una visione tanto brutale delle cose, ma di buono c’è che la rete di sicurezza permette agli sputazzi di John Robert Centorrino di non raggiungere i nostri volti arricciati e arrivare fino al fondo di questa saggistica del menare in tre minuti e mezzo scarsi. Droplet-safe, forse.