(In)consapevoli devoti al nuovo (vecchio) ordine.
Che i New Order abbiano fatto scuola è ormai fuori discussione. Dopo essersi tolti a fatica di dosso il pastrano ingombrante con “ex Joy Division” scritto a caratteri cubitali sono riusciti a dar forma a un nuovo modo di intendere la dance music solcando un tracciato che negli ultimi quarant’anni ha visto passare diverse generazioni di artisti più o meno validi che tenevano sul comodino il santino di Bernard Sumner e compagnia.
Tra di loro – anche se probabilmente lo negherebbero – ci sono i KVB, duo very british che, dopo dieci anni di attività e un lustro di silenzio, tornano sul mercato con un nuovo album, Unity, destinato già da ora a far parlare molto di sé. Unbound è il terzo e ultimo singolo scelto per stuzzicare la curiosità degli ascoltatori ed è un chiaro esempio di come spesso l’attesa sia sì un piacere, ma soprattutto preludio a qualcosa di più appagante. Il connubio tra dream pop, shoegaze ed elettronica continua a funzionare, portando sul piatto nuove spezie che vanno non a ingolfare i sapori, ma a dosarne le intensità.
Unbound è un gioco di spazi, dove l’unico punto fermo è la drum machine asciutta e ipnotica mentre tutto intorno danzano note selezionate di synth e voci appena sussurrate. Molto bello anche il videoclip d’accompagnamento a opera del regista Sapphire Goss, girato sulle coste inglesi dove ancora sono presenti gli obsoleti ma affascinanti specchi acustici (gli acoustic mirrors, appunto).
Riassumendo: musica d’ascolto che può (e vuole) fare anche ballare il corpo e i sensi.
The KVB New Order Joy Division Bernard Sumner
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