Veterani prog che non sanno mai andare fuori moda.
I Marillion sono un gruppo che gode, da un lato, di grandi detrattori e, da un altro, di una fanbase solidissima. I primi sono quelli che dall’abbandono di Fish (risalente ormai a decadi fa) non hanno mai perdonato alla band il timbro teatrale (e spesso ripetitivo, in confronto al precedente) di Hogarth. I secondi quelli che hanno permesso – grazie al loro amore (e ai loro quattrini) – che i Marillion potessero sempre andare avanti in maniera indipendente, attraverso le Marillion-night, i preordini, e così via.
Innegabile comunque, a conti fatti, affermare che la formazione inglese abbia partorito in epoca moderna grandi – anzi, grandissime – canzoni. Pescare da Marbles, da Brave, da Holydays in Eden è giocare abbastanza facile, ma anche nelle ultime produzioni c’è sempre qualcosa che permette di dire che ancora una volta ne è valsa la pena.
An Hour Before It’s Dark sarà il nuovo album dei Marillion e la sua canzone di apertura, Be Hard on Yourself, gioca esattamente in favore, ancora una volta, di questa situazione. Meditabonda, quieta eppur sempre pulsante, l’opening track del disco sembra provenire direttamente da uno degli album di cui sopra, con la sua suadente progressione e la sua abile dinamica, portate avanti da un comparto di musicisti che hanno dedicato la vita a questo sound, arrivando a garantirne il suo immediato riconoscimento sin dalle prime note.
Suona strano, in fondo, che il pezzo non esploda in una teatralizzante apertura à la Marillion, ma forse è proprio questo un elemento che rende Be Hard on Yourself un brano che permette di tenere sempre alta l’attenzione sui progster inglesi. Troppo duri? Troppo soft? Senza peccare di eccessiva nostalgia, comunque, ci permettiamo di dire che i Marillion rimangono una di quelle formazioni a cui si può davvero augurare lunga vita.
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