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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Scorpions: Peacemaker
La pensione può aspettare

Lo scorpione più famoso del rock continua a pungere. Sempre con il sorriso sulle labbra.

Le ballad. Quelle canzoni strappamutande che manderebbero all’ospedale un diabetico dopo trenta secondi, così mielose che anche un grizzly avrebbe la nausea. Quel tipo di interpretazioni romantiche e drammaticamente melense che – tutte cuore, amore e lacrime – hanno fatto la fortuna degli Scorpions: è per questa musica che i Nostri passeranno alla storia. Ed è un peccato, davvero, che la massa si limiti a quello.

Ad esempio, oggi i tedeschi festeggiano i 56 (cinquanta-sei!) anni di attività, e lo fanno con un diciannovesimo (diciannove!) album di inediti.

Peacemaker spazza via i dubbi grazie a un sound tirato, un heavy rock cazzone, magari non originalissimo per loro (e ci mancherebbe: cinque decenni e passa di canzoni!), dove si crea idealmente un ponte tra il nuovo (le accordature ribassate e un mix in-your-face) e il vecchio (la struttura molto anni ‘70 con tanto di chitarre gemelle), per un risultato che suona quasi come se i Black Sabbath meno oscuri fossero nati a Hannover.

Il pezzo, nella sua semplicità (e forse proprio grazie a quella), è incredibilmente catchy, e risulta piacevole e memorizzabile già al primo ascolto. Ma non è forse sempre stata questa la dote principale della band peggio vestita della storia? Oltre ovviamente alla eternamente divina voce di Klaus (nella botte piccola eccetera eccetera).

Due ultimi appunti: la band sorride. Sempre. Andate a vederli dal vivo e, oltre a trovare dei musicisti mostruosi sul palco (a cui recentemente si è aggiunto Mikkey Dee, ex Motörhead, dietro le pelli – e che tiro!), potrete godere di uno show fatto di spettacolo e intrattenimento veri. Quello volevano fare da ragazzini, quello hanno fatto per tutta la vita, spesso e volentieri scavalcando i limiti del kitsch come il vecchio rock teutonico insegnava, ma mai e poi mai deludendo le aspettative di chi aveva pagato un biglietto.

Riscoprire la loro discografia – specialmente i due nuclei centrali (i Seventies con Uli Roth e la prima metà degli ‘80 con il funambolico Jabs) – non potrà fare altro che bene al vostro bisogno di rock suonato. Di quello vero.

Scorpions 

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