Gridare senza far rumore. Nel minor tempo possibile.
La rabbia fa parte delle emozioni primordiali, quelle insomma che l’essere umano si porta dietro dalla notte dei tempi. Determinata tendenzialmente dall’istinto di difesa per permetterci di sopravvivere nell’ambiente che ci circonda, acquista per questo, nella sua forma più pura, una funzione adattiva. Con il passare degli anni però il mondo che ci circonda e il modo in cui lo guardiamo mutano, così come cambiano le nostre reazioni. Si avverte ostilità, incomprensione e, come reazione, ecco che ricompare, la rabbia, diventata, però, ora “disadattiva” in quanto non crea benessere ma il suo esatto contrario.
Il riuscire a incanalare questo sentimento in qualcosa di costruttivo, che riesca a gratificarci ristabilendo un qualsivoglia equilibrio interiore, può far tornare puro questo sentire, trasformandolo nuovamente in uno strumento utile per vivere in mezzo agli altri, sentendoci comunque protetti e non sotto costante attacco.
Focalizzare e rimescolare.
Questo è ciò che ha fatto Enrico Cappozzo nel suo nuovo singolo di Lo Strano Frutto. Aiutato dall’amico Nicola Traversa, ha incanalato ciò che aveva dentro condensandolo in una ballata catartica che sa di lo-fi (le voci sono state registrate con i vocali di Whatsapp) pur non perdendo lo spazio di caos controllato tipico di un certo modo di intendere il noise pop. Un grido di dolore che è rinascita, l’ultimo valzer in chiusura di un temporale, mentre le nubi cominciano a diradarsi lasciando passare i primi raggi di sole, coscienti che anche stavolta la terra si asciugherà di nuovo, sino alla prossima tempesta. 82 secondi di pura poesia.
Lo Strano Frutto Enrico Cappozzo
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