New Music

Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

Tracce

... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

Storie

A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

Autori

Chi siamo

Cerca...

Hatchie: Crush
Anvedi che botto laggiù, qualcuno chiami la stradale!

La sottile linea rosé tra prendersi una cotta e sbatterci la faccia.

Ci sono una ragazzina con la chitarra di Brisbane, un’etichetta segretamente canadese e una vecchia popstar americana, nel ‘98 one-hit-wonder blondie, oggi scomparsa dai radar, anche se – si dice – ancora più o meno in attività. Lo so, sembra l’inizio di una barzelletta sconcia ambientata su Spotify, ma con un minimo di sforzo per trovare almeno un paio di collegamenti basilari, vedrete che tutto torna, alla fine.

Sì, perché – a dispetto del nome – la casa discografica indipendente in questione ha sede nell’America più profonda (nel senso, ci siete mai stati a Bloomington, Indiana?), la hit in questione a suo tempo ha avuto più successo nella terra dei canguri che in madrepatria (due dischi di platino in Australia contro un solo misero disco d’oro negli Stati Uniti) e la ragazzina in questione nemmeno due anni orsono ha attraversato il Pacifico per andare a firmare indovinate per quale label? Esatto.

Giusto in questi giorni la Secretly Canadian festeggia il suo venticinquesimo compleanno e ha deciso di farlo pubblicando una serie di singoli stand alone (per lo più cover) allo scopo di raccogliere fondi per l’associazione no-profit New Hope for Families. Qualche nome tra i partecipanti? Stella Donnelly, Porridge Radio, Beach Fossils, Jim James.

E Hatchie, ovviamente. La giovane stella nascente dell’indie pop aussie, prende quella Crush di Jennifer Paige che ha accompagnato le più dure limonate di fine millennio e le cuce addosso un taglio shoegaze vagamente profumato di trip hop vaporoso e ipnotico. Come se i Cocteau Twins si fossero messi a fare i My Bloody Valentine scoprendo, nel bel mezzo del tentativo, di suonare come i Sundays incrociati con i Lush. Dream pop, a farla breve, direte voi. Più la colonna sonora di un film di John Hughes sotto cannabinoidi, dico io.

Non a caso tra “crush” e “crash” il confine è estremamente labile, così come tra infatuazione pesa e pericolosissimo schianto, appunto, come può confermarvi chiunque c’è rimasto sotto. A una macchina accartocciata o a una relazione andata a puttane che sia. Harriette Pilbeam lo sa, e quindi si veste a strati, aggiungendo alla sua voce zuccherata la giusta dose di sporco spettrale, un fuzz leggero ma pervasivo come non mai, beat lievi eppure incessanti e bassi così densi e collosi che se a metà canzone non ti lavi le mani non riesci a proseguire. 

Più che una semplice rivisitazione, una lasagna sonora, insomma. Ma d’altra parte, già l’originale era un pezzo che trovava il suo perché solo nel momento in cui ti spingevi alla ricerca di una qualche overdose di sentimento. Quindi andare per sottrazione sarebbe stata un po’ un’idea del cazzo, diciamocelo.

Hatchie Jennifer Paige 

Vuoi continuare a leggere? Iscriviti, è gratis!

Vogliamo costruire una comunità di lettori appassionati di musica, e l’email è un buon mezzo per tenerci in contatto. Non ti preoccupare: non ne abuseremo nè la cederemo a terzi.

Nelle ultime 24 ore si sono iscritte 2 persone!