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Yard Act: The Overload
Facciamo fuoco e fiamme, ma con discrezione

Pop proletari d’Inghilterra, unitevi!

Da quando ha traslocato in un’altra dimensione, Mark E. Smith è presente più che mai. Volendo infatti tracciare le coordinate di gruppi come Idles e Shame, il suo nome ricorre e non potrebbe essere altrimenti.

Lo stesso dicasi per gli Yard Act di Leeds, che si definiscono minimalist rock group e lo scorso febbraio hanno pubblicato l’ottimo E.P. Dark Days.

In circolazione da un paio di anni, ruotano attorno a Ryan Needham e al cantante – guarda un po’ il destino – James Smith. Qualche concerto, una parca manciata di brani e nasce il caso attorno a una formazione allargatasi a quartetto.

Tranquilli: una volta tanto c’è della sostanza. Per esempio un avant pop protestatario conscio che la Parklife è finita per sempre. O la satira avvelenata contro un neoliberismo che non ha i giorni contati. O, ancora, il momento in cui un gruppo inglese diventa un comunicatore sociale e il surrealismo serve a leggere meglio la realtà. Come in una scena di Doctor Who, William Hogarth si trasforma nel frontman dei Fall: è il mezzo a cambiare, non il fine. Travolgente e appiccicosa, The Overload funge da apripista per l’omonimo album in uscita ai primi del gennaio prossimo, dunque staremo a sentire.

↦ Leggi anche:
Misantropop! Una fenomenologia di Mark E. Smith (e dei Fall)

Intanto quel rap scaturito da una pinta di scura, l’irresistibile ritornello che profuma di giovani XTC e le chitarre stese a colpi di spatola ma rifinite con arguzia agganciano anche chi non ha dimestichezza con l’idioma. Per tutti gli altri, il cinismo umoristico e sentimentale da intellettuali proletari tongue-in-cheek è il nocciolo della questione, perché sparge parole di vetriolo in tre minuti di scintillante cortocircuito wave pop. Benvenuti, hip priests.

Yard Act Fall Mark E. Smith 

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