Dalla Norvegia, per una volta senza tecnicismi o urgenza di bruciare chiese.
I Madrugada, con tempismo tipicamente scandinavo, si sono riformati appena prima della pandemia, dopo essersi sciolti nel 2008 in seguito alla morte di un membro (il chitarrista Robert Burås) ed essere rimasti fermi per più di dieci anni.
Il mondo, non solo del mercato musicale, è cambiato totalmente nel frattempo. Ma il singolo, pur non presentando suoni mai sentiti, ha una patina di fresco che riesce a spiccare, nonostante rimanga saldamente piantato nel suo genere. Che è un alternative rock dalle atmosfere rarefatte, ampie, debitore degli anni Novanta e Duemila e con vaghissimi riferimenti a certo post-rock o ambient.
Intendiamoci, è una canzone, una bella canzone, retta – più che da un groove di batteria piuttosto monotono – dalla morbidezza dei suoni di chitarra, che si inaspriscono verso la fine, e dal bel timbro, lontanamente reminiscente di Antony & the Johnsons (senza però il suo particolarissimo vibrato), di Frode Jacobsen. Eppure c’è una briciola glaciale ed eterea che spinge a pensare a gruppi e movimenti musicali molto lontani, forse più affini per provenienza geografica che per prossimità di genere.
Quello che sia, godiamoci la serena malinconia di questo pezzo, e i colori vividi del suo videoclip, girato da Eivind Holmboe nel Nord vichingo con la collaborazione di locali presi a caso, tra bambini chiarissimi e acque blu.