Pop (se vogliamo chiamarlo così) da non prendere alla leggera.
Bisogna fidarsi eccome dei bassisti, poiché sovente sono il fulcro della band in cui militano e il loro ruolo va al di là dello strumento – in certi generi, comunque un architrave – che troppi pensano sia stato scelto come un ripiego.
Tra i tanti esempi, uno dei meno citati è quello di Barry Adamson: già in quel fantastico dream team che furono i Magazine, è stato a lungo un fidato scudiero di Nick Cave, si occupa di cinema e fotografia e il mese scorso ha pubblicato un libro di memorie. Mica finita, cosa credete: tra i primi a cimentarsi con commenti sonori a film immaginari, ha successivamente prestato il proprio talento a pezzi da novanta come Derek Jarman e David Lynch.
Quel che più conta, però, è una discografia solista ricca di spunti e caratterizzata da un livello medio elevato. Un calderone che traffica con pop di nobile rango, colonne sonore, jazz, lounge, musica nera e parecchio altro e dal quale si levano profumi appetitosi o, male che vada, stuzzicanti. Ed è lì che l’uomo di Manchester riassume le diverse vocazioni e pertanto ti avvisa che è meglio prenderlo sul serio. Apprezzi la cortesia e trovi che quadri con il resto, dal momento che a noi gli artisti piacciono a tutto tondo e con le idee chiare. Il tipo di gente che non riposa sugli allori e ogni volta sorprende con qualcosa di inatteso.
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Nel caso specifico, un EP digitale previsto per i primi di novembre intitolato Steal Away, nel quale la ballata The Climber fa un figurone con movenze eleganti ma sinuose, pop avvolgente per giorni d’autunno, voce felpata di nicotina, scintillanti screziature country soul.
In fin dei conti, la distanza tra Londra, Nashville e Memphis è più breve di quanto crediamo. Per Barry Adamson nemmeno esiste.