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Radiohead: If You Say the Word
Se non l'avete mai sentita è un pezzo nuovo

Rifarsi vivi con nuove, vecchie promesse da marinaio.

I Radiohead, dopo quattro anni da OKNOTOK, tornano con una nuova traccia. Ci sentiamo autorizzati a definirla “nuova”, perché, nonostante i prodromi – dalle annotazioni nel diario di Ed O’Brien – siano rintracciabili già nel millennio scorso (anche come C-Minor Song), non si è ascoltato assolutamente nulla della suddetta prima d’ora.

«Say the word (or c-minor song) – grande batteria, basso e voce», scrive O’Brien il 9 settembre 1999, «personalmente sto diventando un po’ ansioso su questa, perché non riesco a trovare nulla che funzioni. Ho un’idea, ma non riesco a ottenere il giusto suono. Mi rende un po’ nevrotico. Finire su quella che chiamavo la “Jonny (Greenwood) Scott Walker Song” – tanto breve e dolce».

A scovare l’idea giusta Thom Yorke e soci hanno impiegato ben 22 anni, ma lavorare con lentezza ha portato buoni frutti e con molta probabilità anche qualche variazione sul tema. Quel brano partorito inizialmente con dolcezza, col passare degli anni ha perso la sua innocenza. Se le parole sembrano raccontare un’altra promessa, le sonorità scure fanno pensare si tratti di una beffarda menzogna. Qui siamo ben lontani dall’atmosfera fiduciosa di I Promise e dai suoi crescendo lucenti. «Verrò di corsa», canta oggi Yorke, ma tutto il contorno non convince e sa di balla cosmica.

Se poi ci aggiungiamo il videoclip diretto da Kasper Häggström, con la fotografia cupa di Daniel Voldheim, una distopia a metà tra Il racconto dell’ancella e The Lobster, ritroviamo in If You Say the Word la più pura essenza Radiohead: una natura a doppio taglio in cui, a dispetto delle apparenze eteree e rigogliose, c’è sempre ben poco da (sor)ridere.

Radiohead Thom Yorke Ed O'Brien Jonny Greenwood 

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