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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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C’era una volta (la psichedelia) in Australia.

Il concetto di “crescita” in senso artistico può assumere svariate forme, e non necessariamente tutte implicano un generico “andare avanti”. Quelli bravi (o forse dovremmo dire paraculi, ma ormai è sempre più difficile distinguere le due cose) riescono a spacciarti per processo evolutivo anche la classica passeggiata del gambero. Niente di nuovo sotto il sole: è tutta una scena già vista. L’hanno chiamata back to the roots e il rock in particolare c’ha campato tutto il dopo Cristo. 

La carriera dei Pond è stata a dir poco cangiante in questo senso. E non solo perché un certo psych-garage-pop va per definizione a braccetto con acidi, stonature fumate e allucinazioni colorate di arcobaleni e unicorni. Meno scalmanati a livello compositivo dei conterranei King Gizzard & the Lizard Wizard, poco interessati a strizzare l’occhio a un certo successo mainstream rispetto ai compagni di sala prove Tame Impala, ci hanno regalato in quasi dieci album più sterzate stilistiche che un canoista intento a sopravvivere alle peggiori rapide.

Glamour come dei diavoli della Tasmania rivestiti bene per un matrimonio, non hanno esitato a prendersi gioco della fine del mondo, prima di innamorarsi di quello che era rimasto. «Una risata vi seppellirà» hanno continuato a dire rivolti allo specchio, mentre cercavano di mascherare a stento quanto gli scappasse da sbellicarsi. In altri termini – nel loro piccolo – hanno provato a riempire quel vuoto che spesso ha rischiato di fare implodere nell’oscurità del proprio buco nero qualunque tipo di arte, ovvero il concetto secondo cui prendersi sul serio il giusto delegittima il valore artistico stesso di ciò che si fa.

Human Touch è appunto il loro ritorno a un rock’n’roll più abrasivo del solito che per una volta va a parare dalle parti dei Viagra Boys piuttosto che nei soliti Campi Elisi dove crescono certi funghetti buoni da servire con il cervello fritto. Parte da un loop lercio – tanto semplice quanto irrefrenabile – ripetuto fino alla nausea dalla tastiera Casio di Jay Watson e lascia che Nick Allbrook se la urli sguaiato sopra un letto di synth distorti. Perché va bene il rock, ma vorrete mica davvero continuare a farlo con le chitarre? Dai.

Dopo aver citato maliziosamente il Boss nel titolo, il frontman dà il meglio di sé nel video – deliziosamente vintage per grana, colori, dispositivi di riproduzione e capi d’abbigliamento – dove strizza l’occhio alle movenze immortali di Mick Jagger senza dover per forza tirare in ballo Christina Aguilera e cadere nel trash dei Maroon 5. Come Jagger, sfoggia un sorriso irresistibile che però denota un rapporto conflittuale con l’ingombrante figura del dentista, ma se non altro a un certo punto compare Godzilla a mettere tutti d’accordo. Per dire, il livello.

Pond Nick Allbrook Tame Impala King Gizzard & the Lizard Wizard Viagra Boys 

↦ Leggi anche:
Tame Impala: Patience
Viagra Boys: Ain't Nice
Amyl and the Sniffers: Hertz

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