Il coraggio di cambiare, consapevoli degli anni che sono passati.
L’eterna diatriba sul cambiare genere ha sempre visto due fazioni ben distinte darsele di santa ragione. Da una parte i sostenitori dell’evoluzione artistica, che riescono a contemplare anche roba tipo Load riuscendo addirittura a vedere le radici di Mama Said nello stesso terreno che diede vita a Fight Fire with Fire. Dall’altra i duri e puri, per i quali gli Slayer degli anni ‘90 si erano svenduti diventando commerciali (eppure non è che si sentisse Bitter Peace come sottofondo al supermercato).
A godere, come spesso accade, sono quelli nel mezzo, che a prescindere dal genere proposto cercano la qualità.
E sono proprio loro quelli che godranno di più ascoltando Falling Down. Si, perché i redivivi Ghost Dance di Anne-Marie Hurst (qui circondata da una line-up scintillante con ex membri degli Harlequyn e Original Sin) si sono completamente staccati dalle radici più strettamente goth, allontanandosi allo stesso modo anche dalle loro composizioni più orecchiabili.
Siamo di fronte a un pezzo classicamente rock, che mantiene comunque un’aurea unica grazie alla sempre splendida voce della Hurst, che – sin dai tempi dietro il microfono dei leggendari Skeletal Family – non ha mai smesso di stregare i suoi ascoltatori.
Uno splendido modo di invecchiare, senza fingere di essere eternamente giovani (gioco che spesso rende ridicole alcune band formate da non più ragazzini) e continuando a far musica di qualità regalando emozioni a chi ascolta musica ma non porta i paraocchi.