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Extranauts: We Used to Dream
Quando DEVO far capire da dove vengo

Vi va una botta di psycho-disco?

La psichedelia è sì un policromo genere musicale, ma ancora prima uno stato della mente. Per questo motivo, da che esiste, ha la tendenza a cambiare forma spesso e volentieri, adattandosi alle pieghe dell’abbandono dionisiaco e puntando al futuro. Chitarre o elettronica fa lo stesso, ma se le metti assieme può fare molto più della somma delle parti. Lo hanno spiegato con dovizia di particolari i Primal Scream giusto tre decenni fa nel capolavoro Screamadelica, dove il genio visionario Andy Weatherall aveva un ruolo fondamentale.

Proprio il suo fido compare Jagz Kooner – produttore dall’invidiabile curriculum e remixer sopraffino – è il pigmalione degli Extranauts, band irlandese al primo singolo. Il sestetto ha un’idea post del concetto di psichedelia, tradotta in apertura mentale e capacità di sintesi nell’amalgamare di tutto un po’. Senza alcun revivalismo, l’ispirazione base per i cinque minuti di We Used to Dream è il krautrock dal respiro urbano, evidente nel passo “motorico” sul quale si incolla una melodia allo stesso tempo epica e ipnotica, sorretta da sintetizzatori e chitarre che scintillano e un basso pulsante.

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Ma è, per l’appunto, una base. Su quel groove potenzialmente infinito, come una corsa tra corridoi della mente, Kooner lucida una centrifuga disco-pop ad alta energia. Più maniaca che rétro, We Used to Dream è Giorgio Moroder sotto acido che a notte fonda accende le macchine fermandosi un passo prima del trash.

Giusto così, perché il video confonde le carte giocando con un immaginario enciclopedico passatista di ammiccamenti ed effetti, di rimandi e citazioni. Se c’è stato un tempo in cui sognavamo, adesso si fatica anche soltanto a concepire un domani mattina sereno. Però quel diritto a fantasticare lo reclamiamo ad alta voce, e in testa al corteo vogliamo gli Extranauts con le loro tute blu.

Avanti, popolo neopsichedelico.

Jagz Kooner Primal Scream Extranauts 

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